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Scambiate in culla in Italia lo scoprono su Facebook: scatta il maxi risarcimento

Due neonate, scambiate nella culla 33 anni fa, lo hanno scoperto solo grazie a Facebook. La vicenda, che ha dell’incredibile, riguarda anche il maxi risarcimento che ne è derivato.

La donna, di origini pugliesi, verrà risarcita insieme alla famiglia di origine ovvero la madre, il padre e il fratello perché a causa di questo scambio per 23 anni non hanno avuto rapporti, non sapendo di fatto che non erano familiari.

Foto Canva

Le neonate sono state scambiate in culla, come appurato poi dal Tribunale. La vicenda ora è stata chiusa in primo grado ma bisognerà seguire gli sviluppi.

Scambiate nella culla: risarcimento da 1 milione di euro

La causa è iniziata due anni fa e comporta un maxi risarcimento da 1 milione di euro. Le bambine sono state scambiate in culla nel 1989, poi, guardando le foto su Facebook hanno trovare una somiglianza incredibile tra due donne che non risultavano parenti.

Foto Canva

La cosa sembrava così folle che era impossibile non avere lo stesso DNA e quindi hanno pensato di procedere con un approfondimento facendo delle analisi. Alla fine quello che è emerso è che le due erano madre e figlia. Approfondendo la faccenda si è scoperto che c’era stato uno scambio in culla. Il Tribunale Civile di Trani ha dovuto riconoscere il risarcimento per la donna per i 23 anni in cui non ha potuto godere dei suoi familiari.

Lo scambio è avvenuto in un ospedale di Canosa in Puglia e dovrà essere la Regione a pagare quanto dovuto. È stato escluso invece il coinvolgimento dell’ASL e del Bat. Antonella è cresciuta in una famiglia indigente con grosse difficoltà economiche e non solo, il padre la maltrattava ed è finita anche in un istituto e alla fine è stata data in adozione. Lorena, l’altra donna, ha avuto un percorso di contrasto continuo con i suoi familiari, pur non essendo paragonabile a quella di Antonella. La loro scoperta risale al 2012 quando è emersa tutta la verità. L’esame del DNA fatto l’anno successivo ha poi dato seguito a quelli che erano i sospetti chiarendo che le famiglie erano praticamente incrociate.

Le cause di risarcimento milionarie sono state intentate da entrambe le donne, la situazione è comunque diversa. Il personale ospedaliero è obbligato, durante il parto ma anche nelle fasi successive a vigilare anche su questi aspetti per questo si applica il braccialetto identificativo. Nel momento in cui questo non avviene, non c’è l’adempimento contrattuale e quindi non viene rispettata la legge.

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