Parliamo di dipendenze, un argomento ampio e delicato, soprattutto difficile da comprendere e combattere. Le dipendenze da sostanze quali tabacco, alcol, droghe, e le dipendenze comportamentali (gioco d’azzardo, cibo, internet e nuove tecnologie, doping) sono importanti fattori di rischio per la salute pubblica.
Nel 2021, secondo dati ISTAT, i fumatori, tra la popolazione di 14 anni e più, sono stati poco meno di 10 milioni, con forti differenze di genere: tra gli uomini i fumatori sono il 22.9% mentre tra le donne il 15,3%. Ora però, si potrebbe arrivare al punto di svolta.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Salute, 20 sigarette al giorno riducono di circa 4,6 anni la vita media di un giovane che inizia a fumare a 25 anni. Ovvero per ogni settimana di fumo si perde un giorno di vita. Si stima che di 1.000 maschi adulti che fumano uno morirà di morte violenta, sei moriranno per incidente stradale, 250 saranno uccisi dal tabacco per patologie ad esso correlate.
Il circuito cerebrale coinvolto nello spegnimento delle dipendenze
Spesso si mollano le sigarette, ma poi si tende a ricominciare. Ma adesso arriva quella che potrebbe essere la svolta definitiva. Lo rende noto la Fondazione Veronesi, pubblicando uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature Medicine, condotto dai ricercatori dell’Università finlandese di Turku, del Centro medico Beth Israel Deaconess di Boston e del programma di ricerca interno dell’Istituto nazionale sull’abuso di sostanze di Baltimora.
Secondo i risultati dello studio, si può pensare che per trattare questa problematica, si potrà pensare di bersagliare un determinato circuito cerebrale che pare essere coinvolto nello spegnimento delle dipendenze. “I trattamenti basati su piccole lesioni praticate per via chirurgica e sulla stimolazione cerebrale sono già identificate come opzioni terapeutiche promettenti per spegnere le dipendenze da sostanze. Finora, però, l’assenza di un bersaglio definito verso il quale indirizzare queste terapie ne ha molto limitato l’efficacia“, spiega lo studio.
In pratica le lesioni causate da traumi possono aiutare ad identificare le aree del cervello coinvolte nei meccanismi sottesi alle dipendenze. “In rare circostanze, infatti, alcuni pazienti colpiti da ictus hanno sperimentato la scomparsa delle dipendenze, traducendosi quindi in un beneficio terapeutico per il paziente“, si legge nell’articolo.
Lo studio, per cercare di identificare i circuiti cerebrali coinvolti nello spegnimento della dipendenza, si è basato sull’analisi delle scansioni celebrali di 129 soggetti dipendenti da tabacco, effettuate a seguito di danni celebrali localizzati. “Nei 34 pazienti in cui è avvenuta la completa remissione della dipendenza, le lesioni erano tutte riconducibili alla stessa rete cerebrale, collegata anche alla dipendenza da altre sostanze, come l’alcol. Attualmente siamo ancora lontani e saranno necessarie ulteriori ricerche, ma il circuito identificato, in futuro, potrebbe diventare un bersaglio terapeutico per nuove cure contro la dipendenza dal fumo e da altre sostanze“.