Covid, la variante Delta ha tre versioni: una la più pericolosa

Ancora evoluzioni sulla variante Delta, tre nuove versioni del virus indiano.

Covid bollettino 14 giugno pixabay

Conosciuta come variante Delta, ma soprannominata anche come la variante indiana, è la variazione del Covid-19 che al momento sta destando più preoccupazioni e allarmismi. A registrare il numero di casi più elevato è il Regno Unito che ha scelto di vaccinare con la prima dose più persone possibili, anche se l’effetto di un’unica somministrazione e molto più basso rispetto al ciclo completo.

Al momento sono state individuate già tre versioni diverse della variante Delta, esse sono indicate con single differenti: B.1.617, è la descrizione fissa che identifica la “famiglia” della mutazione, seguita da .1, .2 e .3 che indicano invece le varianti.

Ecco qual è la variante Delta più pericolosa

Tra le tre opzioni la più diffusa sarebbe la B.1.617.2, allo stesso tempo considerata come quella con indice di trasmissibilità più alta rispetto alla variante Alfa (pari al 60%). L’estensione della seconda versione della variante Delta ha registrato a sua volta già una mutazione, che prende il nome di B.1.617.2.1 (o più semplice da ricordare AY.1).

Covid ragazzo (Pixabay)
Covid ragazzo con mascherina (Pixabay)

Questa variante è stata identificata per la prima volta dall’Istituto di genomica e biologia integrativa del Consiglio nazionale delle ricerche indiano. Secondo le ricerche la variante AY.1 avrebbe già avuto una diffusione su larga scala intaccando diversi Paesi.

Allo stesso tempo, a spaventare tutti non è solamente l’alta trasmissibilità ma anche la resistenza che questa variante registra nei confronti dei vaccini e di tutte le altre terapie basate su anticorpi.

Nel frattempo ad analizzare la situazione in Italia è il virologo Fabrizio Pregliasco, che in un’intervista recente tranquillizza gli italiani affermando: “il fatto che la variante Delta si stia diffondendo anche in Italia in un periodo climatico favorevole sarà però per noi un vantaggio perché correrà più lentamente”.

In sostegno alle parole di Pregliasco c’è anche il report rilasciato dall’Istituto Superiore di Sanità in cui dichiara che la variante Delta è presente in Italia in una percentuale bassissima (al momento corrisponde all’1% del totale dei casi registrati).

Nonostante i dati positivi il virologo si aspetta che accada quello che è già si è manifestato sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti, ovvero che il ceppo Delta diventi dominante anche nel nostro Paese.

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Conclude con un velo di ottimismo prevedendo che “non sarà una nuova ondata, ma un picco di risalita di infezioni lievi o asintomatiche che non porterà però al pesante incremento di ricoveri e decessi che abbiamo già vissuto perché il vaccino funziona anche con la variante Delta, seppur con una leggera perdita di efficacia”.

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